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70 d. C.: La caduta di Gerusalemme

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Nel 66 d.C. gli abitanti di Gerusalemme si ribellarono contro il procuratore di Giudea Gessio Floro a causa della richiesta di quest’ultimo di prelevare 17 talenti dal tesoro del Grande Tempio e per le sue rappresaglie contro la popolazione che uccisero alcune migliaia di Giudei. Il governatore di Siria Cestio Gallo intervenne con la legione XII Fulminata, ma fu sconfitto in un imboscata perdendo tutta la legione e riuscendo a malapena a fuggire. In poco tempo la rivolta si estese alle regioni limitrofe di fede ebraica.

L’imperatore Nerone inviò così Vespasiano a sopprimere la rivolta; il futuro imperatore sottomise insieme al figlio Tito e 3 legioni (più ausiliari ed alleati per un totale di circa 55.000 uomini) buona parte delle città in rivolta fra il 66 ed il 69, ma decise di non attaccare Gerusalemme poichè conscio del fatto che la ribellione era divisa in varie fazioni e si sarebbero uccise a vicenda (cosa che avvenne) e per mantenere le forze a causa della guerra civile che affliggeva l’impero e dalla quale ne uscì vincitore.

Nel 70 Vespasiano andò a Roma per essere ufficializzato imperatore e ordinò a suo figlio Tito di conquistare la capitale giudaica.

Tito Flavio Cesare Vespasiano Augusto

Le difese della città

Gerusalemme era dotata di imponenti fortificazioni, la città infatti era divisa in tre aree distinte alla quale si aggiungeva il Grande Tempio come fulcro difensivo:

la Città Vecchia era costruita su un altopiano e la relativa discesa di un’alta collina a sud del Tempio, a sua volta era divisa in due aree, ovvero la Città Alta o “Zion” sull’altopiano (dove vivevano i ricchi e vi erano il palazzo regale di Erode e le quattro alte torri difensive delle mura occidentali) e la Città Bassa o “Acra” sul pendio (dove viveva il resto della popolazione e vi era la fortezza dell’Acra a vegliare sul muro orientale), entrambe erano difese dalla prima cinta muraria ed erano anche protette dalla ripidità della collina;

Città Alta, modellino esposto al Museo d’Israele.

il Grande Tempio era posto su una seconda collina a nord dell’Acra e il suo portico formava un muro difensivo invalicabile;

 

Grande Tempio

la Città di Mezzo era una striscia di terra collegata ad ovest col Tempio ed era protetta da una seconda cinta muraria che si congiungeva con le quattro torri della Città Alta;

la Città Nuova era una grossa parte di territorio a nord del Tempio che copriva una bassa collina e nel 70 era ancora in fase di costruzione (infatti il terzo muro era stato completato durante i 4 anni di rivolta);

infine la Fortezza Antiona era un forte rettangolare unito al portico nord del Grande Tempio.

Fortezza Antonia

L’inizio dell’assedio e le forze in campo

Le forze romane erano imponenti:

4 legioni (la V Macedonica, la X Fretensis, la XII Fulminata che era appena stata ricostruita e la XV Apollinaris), circa 20.000 legionari;

23 coorti ausiliarie con 6 ali di cavalleria, per un totale di circa 22.000 ausiliari;

20.000 alleati di regni clienti romani (truppe di Erode Agrippa II re di buona parte della Galilea, di Antioco re Commagene, altre dal regno di Sofene e alcune migliaia dai Nabatei).

I ribelli erano separati in due fazioni in lotta fra loro e si erano divisi la città:

la fazione capeggiata di Simone bar (figlio di) Giora occupava la Città Alta ed era formata da circa 10.000 Giudei e 6.000 alleati Idumei;

mentre quella di Giovanni di Giscala presidiava l’Acra, l’Antonia ed il Grande Tempio e contava 6.000 Giudei e circa 2.400 Zeloti (estremisti religiosi).

Tito arrivò in marzo e dispose 3 campi legionari a ovest, nord-ovest ed est delle mura; mentre la legio X era intenta a costruire il campo sul Monte degli Ulivi fu attaccata dai Giudei usciti dalla città; l’attacco fu respinto grazie all’intervento di Tito e della sua cavalleria. Per evitare che i ribelli compissero altre sortite a sorpresa i Romani abbatterono tutti gli alberi e ostacoli attorno alla città.

Gli Ebrei però avevano un problema enorme: il cibo. Per l’acqua non c’era urgenza in quanto la città era dotata di svariati serbatoi e cisterne, ma negli scontri fratricidi prima dell’assedio i ribelli si erano incendiati vicendevolmente i magazzini del grano.

I Romani costruirono rampe per raggiungere le mura est ed usarono arieti e torri d’assedio per sfondare il muro, mentre i Giudei compivano continue sortite dalle mura; durante una di queste sortite i ribelli erano riusciti ad ingannare alcuni reparti legionari facendogli credere di voler consegnare loro l’ingresso alle quattro torriTito non cadde nel tranello, ma i suoi legionari ignorarono i suoi ordini e subirono grosse perdite in un’imboscata sotto le mura. Fu allora che Tito optò per una decimazione, ma i suoi consiglieri e legati lo pregarono di ripensarci e gli fecero cambiare idea.

La prima cerchia di mura fu violata in 15 giorni dall’inizio dell’assedio, infatti gli Ebrei si ritirarono subito nella Città di Mezzo senza combattere non appena il muro crollò sotto la forza delle macchine d’assedio romane. Presa la terza cinta muraria Tito fece spostare il campo delle legioni X e XV all’interno di essa.

Assalto al terzo muro

Sfruttando l’ondata di morale positivo i Romani si misero subito all’opera per costruire una rampa sul secondo muro. In appena 4 giorni crearono una breccia ed entrarono nella Città di Mezzo; non trovando nessun nemico pensarono che i rivoltosi fossero scappati, invece i Romani subirono un’imboscata in mezzo alle strette vie e furono mandati in rotta mentre i Giudei li bersagliavano con frecce, pietre, giavellotti e dardi di scorpione che avevano preso dalla guarnigione romana quattro anni prima. Dopo questa piccola vittoria i rivoltosi bloccarono l’apertura con detriti vari, ma gli assedianti riuscirono a fare nuovamente breccia dopo solo 4 giorni e, questa volta, Tito ordinò di radere completamente al suolo la seconda cinta e l’intera Città di Mezzo.

Assalto al secondo muro

 

Assedio dell’Antonia e costruzione del muro romano

La parte più difficile arrivò quando dovettero espugnare la fortezza Antonia e il terzo muro, infatti i Romani prepararono una grande offensiva che comprendeva la costruzione di rampe sul portico ovest del Tempio, sulla fortezza Antonia e sulle quattro torri di Zion. Questa operazione fu un totale fallimento: gli attacchi alle torri e al Tempio furono facilmente respinte, mentre la rampa sull’Antonia fu fatta crollare e data alle fiamme dai difensori che scavarono un tunnel che andava dalla piazza del Tempio, passava sotto la fortezza e arrivava sotto la rampa. Il morale romano era devastato, inoltre cominciavano a scarseggiare macchine d’assedio e materiali di costruzione per altre rampe.

Tito allora decise di usare una tattica molto comune: costruire un muro attorno alla città. Il legno fu ottenuto abbattendo tutti gli alberi nell’arco di 26 km dalla città, mentre il generale romano promise onore e premi alla legione che per prima avesse terminato la propria sezione di vallo, accentuando così la rivalità fra le legioni per spronarle a lavorare più in fretta. Il risultato fu un muro lungo circa 8.5 km con decine di fortini, il tutto fu edificato in tre giorni.

Muro romano attorno a Gerusalemme

L’assedio dell’Antonia durò 2 mesi, durante i quali i Romani costruirono una nuova rampa sopra quella distrutta e cercarono di abbattere le mura della fortezza. I ribelli provarono anche una sortita contro l’accampamento sul Monte degli Ulivi, ma vennero facilmente respinti.

Nel frattempo in città la situazione era degenerata a tal punto che i rivoltosi si davano al saccheggio e ammassavano i cadaveri di chi era morto di fame o di pestilenza nelle case; quando i corpi divennero troppi cominciarono a gettarli dalle mura o li trasportavano fuori dalle porte della città (un disertore fuggito nel campo romano raccontò che dovette contare il numero esatto di cadaveri portati fuori solo dall’Antonia, 115.800; mesi dopo un altro disse addirittura 600.000). Va sottolineato che il popolo era quasi tenuto in ostaggio dei ribelli e che vi erano molte più persone del normale a causa dei pellegrini di una festa religiosa che erano ospiti dentro le mura quando arrivarono i Romani.

Un altro aspetto da considerare è che Tito cercò di contrattare più volte con i difensori, ma essi rifiutarono ogni volta preferendo morire di fame o pestilenza e uccidendo chiunque fosse sospettato di voler disertare.
Giuseppe Flavio è la fonte di tutte queste informazioni, egli era infatti presente all’assedio ed era un Ebreo inizialmente prigioniero di Vespasiano (nel 66 infatti Giuseppe era a capo di buona parte della rivolta in Galilea, ma si arrese e fu catturato) e poi Tito lo liberò. Durante i mesi di assedio Giuseppe fu inviato più volte per convincere la popolazione a ribellarsi ai ribelli, ma nessuno aveva la forza o il coraggio.

L’Antonia cadde in giugno, dopo più di 2 mesi d’assedio, infatti l’ariete romano fece una piccola breccia nel muro, che crollò poche ore dopo a causa del tunnel sotterraneo scavato mesi prima dai difensori. La presa della fortezza non avvenne con una grande offensiva, bensì con un’azione individuale di una ventina di legionari che attaccarono di notte, scalando un secondo muro difensivo all’interno della fortezza stessa, e suonando le trombe per avvisare i compagni al campo. Sentendo le trombe i Romani attaccarono l’Antonia, mentre i difensori fuggirono; scoppiò solo una dura lotta nel tunnel sotterraneo, ma dopo 10 ore di combattimento gli attaccanti si ritirarono accontentandosi della rocca.

Assalto alla fortezza Antonia

Va sottolineato che inizialmente nessuno voleva assaltare il secondo muro, neanche con le promesse di Tito di una grande fortuna, ed il primo a partire all’attacco non fu un Romano ma un ausiliario (purtroppo per lui fu ucciso appena finita la scalata).

Battaglia per il Grande Tempio

Tito fece abbattere parte della fortezza per creare un terrapieno per assalire il portico del Tempio. Inizialmente il generale non voleva distruggere una struttura così maestosa e sacra, così decise di tentare con assalti di fanti mentre arcieri, frombolieri e artiglieria bombardavano i difensori.
Questa strategia costò molte vite agli assedianti, soprattutto quando i Giudei decisero di appiccare il fuoco ad una parte del portico che stava cadendo nelle mani del nemico, bruciando vivi svariati legionari e ausiliari. Fu a questo punto che Tito perse la pazienza e ordinò di dare fuoco alle porte e al portico.

Battaglia per il Tempio

Creata una breccia abbastanza grande i Romani attaccarono in massa la grande piazza del Tempio e Tito ordinò ad alcuni di spegnere il fuoco appiccato poco prima, ma mentre questi armeggiavano per domare le fiamme i ribelli stessi decisero di alimentarle aumentando le aree distrutte da esse.
Durante la battaglia nella piazza un legionario raccolse un tizzone da terra e lo lanciò in una finestra del Grande Tempio, appiccando il fuoco agli appartamenti dei sacerdoti. Visto ciò molti difensori si distaccarono dalla lotta per domare le fiamme; fu in questo frangente che Tito riuscì ad entrare nel Tempio e rimase colpito dalla sua magnificenza tanto da ordinare ai suoi legionari di spegnere le fiamme, ma essi erano completamente presi dal furore e ignorarono gli ordini. Addirittura un legionario prese un altro tizzone da terra e lo usò per incendiare la porta d’ingresso al Tempio.

Nella lotta per il Tempio morirono molti Romani e molti Giudei, la frustrazione dei legionari era tanta da uccidere indiscriminatamente chiunque fosse sul loro cammino: 6.000 civili raccolti nel portico sud furono sterminati, mentre i legionari uccisero i sacerdoti durante i loro riti sacri. L’assedio del Tempio durò 1 mese.

Giuseppe Flavio scrive che con tutte le ricchezze saccheggiate dal Grande Tempio quel giorno l’oro in Siria fu deprezzato della metà.

Presa della Città Bassa

I ribelli fortificati nel Tempio riuscirono a fuggire nell’Acra e Tito, convinto che si volessero arrendere, chiese un incontro con i capi della rivolta: Simone bar Giora e Giovanni di Giscala incontrarono il futuro imperatore sopra i resti fumanti del Grande Tempio di Salomone e alla sua richiesta di resa risposero chiedendo il libero passaggio per loro e i loro uomini fuori dalla città. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso di Tito: non solo si erano ribellati a Roma, non solo si erano rifiutati di arrendersi innumerevoli volte, ora pretendevano di porre richieste senza ammettere la propria sconfitta. Il generale li mandò via furente e preparò i piani d’attacco.

La Città Bassa cadde il giorno seguente, Tito inizialmente ordinò l’uccisione di tutti quelli che vi si trovavano, in seguito cambiò idea e comandò di uccidere solo chi avesse opposto resistenza.

Città Bassa

Fine dell’assedio

La Città Alta e la fortezza dell’Acra resistettero fino a metà settembre, in quanto i Romani ebbero difficoltà a trovare i materiali per la costruzione di rampe, ma alla fine vennero espugnate e i difensori sterminati senza problemi.
L’assedio di Gerusalemme era durato da marzo a settembre del 70 d. C.

Offensiva finale

Le perdite umane furono enormi: Flavio Giuseppe ci racconta che alla fine vi furono 1.100.000 morti fra i cittadini, mentre altri 97.000 divennero schiavi (sicuramente sono cifre esagerate, ma rendono comunque l’idea di quanto sia stato brutale questo assedio); la città era completamente distrutta e Tito fece abbattere tutte le mura eccetto alcune delle alte torri difensive del palazzo di Erode come monumento alla sua vittoria.

Torri difensive e palazzo di Erode

Durante l’assedio vi furono atti di brutalità estrema da entrambe le parti: i ribelli non ebbero problemi ad uccidersi a vicenda e a torturare ed ammazzare chiunque fosse sospettato di tradimento, inoltre seviziarono il popolo per buona parte dell’assedio con saccheggi ed esecuzioni; una vicenda sulla brutalità degli ausiliari, alleati di Roma e legionari fu lo sventramento dei disertori poichè avevano visto uno di essi defecare monete d’oro e quindi pensavano che tutti avessero gli stomaci pieni di ricchezze; questa cosa fu condannata da Tito che minacciò la condanna a morte per chiunque compisse questi atti (la cosa non li fermò). Inoltre Giuseppe Flavio ci riporta che molti fuggiaschi morivano perchè mangiavano fino alla morte appena arrivati ai campi romani.

Questo evento diede inizio alla Diaspora.

Fonti:
Tito Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche
Giovanni Brizzi, 70 d. C. La conquista di Gerusalemme

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Giacomo Brasini

Laureato in storia all'università di Bologna, rievocatore deficelta e fissato con la storia antica. Forlivese e metallaro, citazione preferita "il cibo degli dei: la piadina".

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