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Nietzsche diceva che se avessi guardato l’abisso, l’abisso avrebbe guardato te.
Non sapevo che avrebbe riso di me.
Profondità infinite.
Follie mai pensate o esistite.
Tentacoli, urla, occhi rossi, campane a morto.
Un Caos in cui non esiste giusto e torto.
Estranei, città immaginarie, rianimatori.
Cannibali, imperi caduti, imitatori.
Qualcuno nel sogno mi chiama, ali nere sferzano i miei pensieri.
Sto solo, in questa camera, tutti quelli fuori di essa per me sono stranieri.
Vengo dallo stesso paese del creatore del corvo.
E come lui ho un carattere schivo e torvo.
Vedo Azathoth, che nel centro dello spazio sogna e bestemmia, se si svegliasse sarebbe la fine di tutto.
LA! SHUB- NIGGURATH! Capra dai mille piccoli! Lussuria e lutto.
Da qualche parte, qualcuno morto attende sognando.
La fine di questo mondo, per i suoi maestri, sta agognando.
Abissi, questo mondo ne è pieno, cosi vicini a noi.
Abissi nello spazio, abissi nella mente, abissi nello spazio, abissi senza un poi.
Un orrore senza fine.
Yog-Sothoth osserva dall’esterno questo mondo, cercando tramite il necromante, di superare tal confine.
Sotto le spoglie di un uomo alto e magro, si presenta a me Nyarlathotep, lo strisciante.
Araldo di un male non così tanto distante.
Sudo, ansimo dalla paura.
Questo libro che ho creato è una folle creatura.
I miei occhi impazzano per tutta la stanza, cercando una risposta, una soluzione.
O forse… solo da questo tormento, una redenzione.
Come West metteva il suo fluido nel suo paziente senza testa.
Come la corte del Demone Sultano fa sempre festa.
Dagli orridi Mi-go, il mio cervello è stato prelevato.
Mi sento dalla mia scrittura, cosi violato.
Ma non posso terminare.
Non mi devo fermare.
Devo scrivere, devo parlare.
Il mondo del mio genio abissale , devo informare.
Io sono H.P Lovecraft, padre dei tuoi incubi.
