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[notification type=”alert-info” close=”false” ]#iCazziDuriDellaStoria è una rubrica a cura di Lorenzo Carbone che parla dei personaggi storici più influenti e cazzuti di sempre.[/notification]
Oggi, per la prima volta si parlerà di una donna con una cazzutaggine impressionante, un personaggio che non era stato cagato da nessuno , sia storico che non, fino al giorno in cui Eva Green non la interpretò nel pessimo sequel del film 300 “300 rise of an empire” (quale impero poi me lo devono spiegare)
Artemisia nacque ad Alicarnasso, la capitale di quella regione che un tempo veniva Caria nell’attuale Turchia sud- occidentale. Questa città, benchè fosse di origine greca, era stata annessa al potentissimo impero achemenide (la prima dinastia persiana), benchè avesse ancora un largo margine di indipendenza. Alicarnasso fu anche la città che diede i natali al filosofo Dionigi e Erodoto
Nata dal Satrapo (un governatore persiano , di solito un parente degli achemenidi, o un achemenide stesso) Ligdami I e da un donna cretese di cui non si conosce le origini, dimostrò fin da subito il suo valore, la sua intelligenza e il suo fascino.
Aveva preso i più bei tratti persiani e ellenici, alta e aggraziata come ogni persiano, con i lineamenti marcati da greco, lunghi capelli neri lisci come la seta, la pelle straordinariamente pallida per la regione in cui era nata, Artemisia era non solo bellissima, ma anche estremamente intelligente, parlava fluentemente greco, persiano, medio (attuale iraq), egizio e fenicio, fin da piccola dimostrò un grande interesse verso le arti militari, passione che i genitori coltivarono, dandogli i migliori mezzi per poter riuscire nelle sue imprese. Ben presto le sue imprese vennero notate dal generale Mardonio, che rimase deliziato dai suoi modi eleganti e dalla sua volontà di combattere. In quel periodo infatti, Mardonio, stava “ democratizzando” l’area della Caria e della Ionia, liberandola dai tiranni pro Grecia e persone come Artemisia facevano proprio al caso suo. Il grande generale persiano ne parlò prima con suo zio , il Dio Re Dario I. Si dice che lo Shahshah appena la vide, scoppiò a piangere dalla gioia, dicendole che lei era tutto quello che aveva desiderato per il suo impero. Una donna libera, colta, emancipata, che poteva dire la sua sia nel focolare familiare sia nella vita della società ( non nella politica, visto che solo chi aveva sangue achemenide e poteva dimostrarlo poteva aspirare ai posti più alti dell’ impero).
Verso il 492 a.C, il marito di lei morì, il loro figlio, Pisindeli era troppo piccolo per governare la Caria, ergo venne eletta lei come regnante. Da regina, Artemisia evidentemente preferiva la navigazione e la guerra alla vita di corte. Polieno riporta infatti che la regina era solita cambiare repentinamente le insegne e i colori della sua trireme, fingendosi una nave greca o persiana a seconda delle imbarcazioni incrociate quando navigava in acque internazionali, per ingannare così gli equipaggi delle altre navi ed allontanarsi indisturbata o attaccare di sorpresa a seconda delle circostanze.
Nel 480 a.C scoppiò la seconda guerra greco-persiana, Artemisia lasciò le redini del trono al figlio (che si dimostrò un buon sovrano) fornendo supporto alla immensa flotta che il figlio di Dario I, Serse aveva assemblato per invadere la Grecia. Durante il consiglio di guerra, la grande cultura di Mardonio e di Artemisia non vennero ascoltate. Infatti essi suggerivano di attaccare la Grecia via terra, avendo la superiorità numerica, tattica e di capacità bellica (NO, i persiani non erano le pippe di 300), consci della disfatta di Maratona (490 a.C), il mare greco non era assolutamente alleato della flotta achemenide, benchè fosse molto superiore numericamente. Inoltre i due persiani cercarono di convincere gli altri comandanti che sarebbe stato opportuno usare delle navi solo per raggiungere la Tessaglia (la zona nord orientale della Grecia, quella dove si trovano le Termopili), ma Serse I decise di costruire un ponte di navi, in modo da farci passare subito l’esercito e per intimorire i greci.. Ponte che poco dopo cadde, portandosi via quasi 2000 uomini e cavalli, ma dettagli….. Infatti Serse ne fece costruire un altro, perdendo tempo e dando la possibilità al prode e coraggioso Leonida di preparare le sue meravigliose elitè spartiate al passo delle Termopili.
La battaglia dunque si combattè anche in mare aperto, con il dissenso di Mardonio e Artemisia, la quale avrebbe avuto il controllo di cinque eccellenti trireme (NO, non era il comandante supremo della flotta… vero snyder?) sotto il controllo dell’ammiraglio Artaferne, un uomo in gamba… ma avido di potere e senza alcuna esperienza marittima (era li perché era fratello di Serse).
Artemisia partecipò alla battaglia di Capo Artemisio contro la coalizione ellenica, guidata dall’ateniese Temistocle e dallo spartano Euribiade. Questa battaglia navale, che fu combattuta contemporaneamente alla battaglia delle Termopili nell’agosto del 480 a.C., si risolse senza né vinti né vincitori. Artemisia, secondo Erodoto, si distinse in essa in modo “non inferiore” agli altri comandanti persiani. Artemisia non perse neppure una nave
Durante la tragica battaglia di Salamina, Artemisia si dimostrò davvero una cazzodurissima. Fu forse l’unico comandante persiano a comprendere il trucco di Temistocle, e le sue cinque triremi, usando di nuovo il famoso trucco di cambiare le vele e le insegne sopra di esse, fecero una vera e propria carneficina di greci. Adorava combattere in prima linea, protetta da una fine armatura greca e dalle migliori armi forgiate dal prezioso acciaio sogdiano, sembra che la regina di Caria non venne mai sconfitta in un combattimento corpo … e se lo è mai stata, non vi è alcun testimone a dimostrarlo, visto che tutte le navi che lei attaccò, affondarono.
A quanto pare, per rendere ancora di più credibile il suo camuffamento agli stolti occhi greci, attaccò una nave persiana, su cui vi era il re di Calinda, Damasitimo, uccidendolo personalmente. A quanto pare questo venne fatto non solo per motivi tattici, ma anche per motivi di vendetta. A quanto pare Damasitimo aveva più e più volte insultato Artemisia, ritenendola inferiore alle altre forze achemenidi perché donna.
Anche tra i “nobili e democratici” Ateniesi vi era questa forma di maschilismo da checca isterica, visto che era stata messa sulla testa della regina di Caria una taglia di diecimila dracme , in quanto “Donna che osa combattere contro Atene”.
Secondo lo storico di Alicarnasso, Serse, osservando dal suo trono su terraferma (il tesoro di papà si era fatto mettere il suo trono dorato in cima al monte Eta) la manovra di Artemisia e la contemporanea e completa disfatta della sua flotta, esclamò: “I miei uomini sono diventati donne e le mie donne sono diventate uomini”.
Plutarco testimonia che Artemisia, ritirandosi dal teatro dello scontro navale, riconobbe in mare il cadavere di Ariamene, il fratello di Serse caduto in battaglia. Ne recuperò quindi il corpo e lo riportò al re per gli onori funebri.
La guerra ormai era perduta, Artemisia e Mardonio suggerirono a Serse di ritornare a Persepoli, solo il grande generale sarebbe rimasto in Grecia, dove morirà in maniera fantozziana nella battaglia di Platea (un perieco lo riconobbe in sella al suo cavallo, gli scagliò un sasso in testa, Mardonio cadde dall’animale e si spaccò il collo per terra).
Artemisia ritornò a Caria, dove venne accolta come se avesse trionfato, nessuna delle sue navi era stata affondata. Qui la storia si unisce la leggenda, non si sa di come sia morta, ma è interessante la versione che ci diede lo storico bizantino Fozio il Grande.
Secondo lui, Artemisia morì suicida, dato che appena rientrò a Caria, si innamorò perdutamente di un ragazzo appena maggiorenne di nome Dardano, il quale non la corrispose mai.
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