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Abbiamo visto per voi “JOKER” e ve lo raccontiamo senza svelare troppo della storia
E’ un lunedì come tanti quello che concludo in fila davanti al mio cinema di quartiere e non potevo immaginare che di li a pochi minuti avrei assistito alla nascita di un nuovo universo.
Le aspettative sono certo molte, lo show, dicono tutti, vale i soldi che io e il mio amico Berra stiamo per spendere (9 € in due grazie alla scontistica di un noto operatore telefonico).
Entriamo in sala passando davanti al cartonato che ritrae il protagonista della “pellicola”che sorride dietro il suo naso rosso, stiamo per vedere “JOKER” di Todd Phillips.
Caro Todd, per quanto mi riguarda quel naso è troppo rosso, troppo diverso da quello dell’iconico Joker; spero solo che trattandosi della prima storia interamente dedicata al personaggio, quel rosso vada via verso la fine del film per lasciare il posto a quella che nella mia testa è la sola è unica faccia che l’arci nemico del Cavaliere Oscuro può avere.
Buio in sala, un brivido elettrico mi scende lungo la schiena, titoli di testa… l’atmosfera è quella di una vecchia pellicola degli anni 80, persino il font giallo scelto per l’inizio del film è perfetto per ricreare quelle sensazioni.
Facciamo subito le presentazioni, Arthur Fleck (uno stratosferico Joaquin Phoenix) è un clown di strada sfigatissimo che per sbarcare il lunario in una Gotham che ricorda a tratti la New York di “Hill street giorno e notte” e la serie televisiva “Sulle Strade della California”, fa il classico uomo sandwich per strada di giorno e sogna una vita da commedian la notte in un pulciosissimo club stand up.
Vediamo sprofondare il personaggio nella follia, una follia che sembra addirittura deformare il corpo di Phoenix fino a distorcerlo nei muscoli e nella personalità trasformandolo passo dopo passo nel mostro di Gotham.
E’ impressionante la maestria con la quale viene rappresentato il momento storico nel dettaglio, il co-sceneggiatore di Philips, il bravo Scott Silver (già in nomination per “The Figther”), racconta la storia di Fleck ed è sempre credibile, il personaggio cresce da una parte, esce allo scoperto minuto dopo minuto e contemporaneamente lo vediamo sprofondare nella follia, una follia che sembra addirittura deformare il corpo di Phoenix fino a distorcerlo nei muscoli e nella personalità trasformandolo passo dopo passo nel mostro di Gotham.
Arthur Fleck è uno sfigato e su questo non abbiamo dubbi; praticamente dal decimo minuto in avanti perde il lavoro perché una gang di quartiere lo tormenta, vive con la madre, decisamente spostata e ossessionata da Thomas Wayne, il padre di Batman, per il quale sembra abbia lavorato in passato, è costantemente ostacolato da una rarissima malattia che lo fa scoppiare in una fragorosa risata ogni qual volta si viene a trovare in una situazione imbarazzante o di pericolo.
fuma ottocentocinquantamila sigarette, la sua carriera di comico non riesce a decollare e anzi lo rende zimbello agli occhi di un noto show man televisivo, l’ancorman Murray Franklin (un Bob De Niro che come sempre non delude)… insomma una merda di vita che però non può giustificare da sola la deflagrazione a cui assistiamo con l’inizio del secondo tempo.
Non amo gli spoiler e quindi non ne farò, vi basti sapere che la strada che prende Fleck porta dritta dritta a Villa Wayne e all’eterna lotta… no, non quella fra bene e male, bensì quella fra ricchi e poveri, fra chi ha tutto e chi non ha più neanche un briciolo di dignità.
In questa storia il papà di Bruce è un pezzo di merda.
Interessantissima in questo senso la figura di Tomas Wayne (Brett Cullen): siamo abituati a conoscere questo personaggio come filantropo e padre modello, sempre pronto a snocciolare lezioni di vita compassionevoli, beh scordatevelo, in questa storia il papà di Bruce è un pezzo di merda.
Da qui in avanti il nostro eroe, ci si perché almeno ai miei occhi il piccolo Arthur è un fottutissimo eroe della working class americana, sprofonda nel baratro della follia e indovinate da dove si butta?
Arkham, il Joker nasce proprio nel manicomio/prigione per criminali, è lì che conosce una nuova verità su se stesso, è da lì che prende slancio e decolla, complice una città meschina e in piena ebollizione, spietata e assurdamente violenta con gli ultimi e come se non bastasse entra in gioco il personaggio di Franklin, con la sua spietata spocchia borghese, il suo moralismo infettivo e la sua veemenza portano Fleck davanti al pubblico di cui aveva bisogno, un pubblico bavoso che freme per la su libra di carne cruda grondante sangue.
Il Joker nasce ad Arkam, è lì che conosce una nuova verità su se stesso.
Il dado è tratto, Fleck sorpassa il limite e accoglie la sua nuova personalità diventando un Joker che solo per certi versi ricorda quello tratteggiato dal compianto Heat Ledger, qualche mossa, l’interpretazione magistrale, il capello lungo non sono esaustivi dell’enorme interpretazione portata a casa da Phoenix in questo film completissimo.
Il suo Joker ha una storia che apre a un nuovo universo DC, mille volte più oscuro di quello reinventato da Nolan con la sua trilogia, dando a questo universo la sola cosa che a tutti gli altri film della Distinta Concorrenza manca: la fottutissima credibilità delle storie e dei personaggi che lo popolano.
Voto finale 10 con lode bacio accademico e risata pazzoide.