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“A volte, le dimensioni contano…”
Nel 1954, il regista giapponese Ishirō Honda ebbe un’idea: denunciare gli orrori dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki attraverso un mezzo di trasmissione che potesse raccogliere l’attenzione delle masse, anche quando l’interesse per le pellicole di guerra stava pian piano diminuendo.
In un periodo in cui film di mostri giganti avevano cominciato la loro rapida scalata nelle classifiche cinematografiche – grazie a pellicole come “Il Risveglio del Dinosauro” e “Assalto alla terra” – scelse un gigantesco dinosauro radioattivo come portatore di quel messaggio, dando vita ad una
delle più grandi icone della storia del cinema: Gojira, che in occidente venne ribattezzato con il nome “Godzilla”, il Re dei Mostri, nonché primo kaijū (bestia misteriosa) del cinema giapponese e fondatore de facto del genere “Kaijū Eiga”, ovvero “Film di Mostri Giganti”.
A seguito dell’incredibile successo ottenuto dalla pellicola, molti registi continuarono a cimentarsi nell’uso di creature giganti e grottesche come forma di denuncia sociale o politica.
Rodan, il mostro alato, nacque in un periodo in cui le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano alle stelle, portando con sé l’implicita minaccia di una guerra nucleare. La falena gigante Mothra, invece, divenne paladina di una Madre Terra non più disposta a sopportare in silenzio le deturpazioni della Natura provocate dall’uomo.
E questa tendenza continuò fino ai giorni nostri, pur rimanendo sorprendentemente distante dal panorama letterario, una realtà che ha perseguitato gli amanti del genere kaijū per parecchi anni.
Nonostante il fatto che personaggi come Godzilla siano conosciuti, e amati, da una nutrita schiera di appassionati da ormai oltre sessant’anni, la produzione cartacea che li riguarda è molto limitata e questo rende “Kaiju Nation – Un pianeta di mostri” uno dei primi tentativi italiani di espandere il genere anche nel nostro paese.
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