Questo articolo è stato letto 1 2,515 volte
Di questa battaglia se ne è parlato moltissimo, spesso mettendoci dentro ideologie alquanto bizzarre e anacronistiche, è stata soggetto di film più o meno imbarazzanti, ma in pochi si sono mai chiesti, come a livello materialistico, un numero abbastanza ridotto di ellenici (900 spartani / un numero che varia tra gli 8000 e gli 11000 alleati provenienti da altre polis) riuscì a battere combattendo per tre giorni di fila, un numero ben maggiore di persiani ( dovevano essere sugli 80000)2 .
I casus belli della seconda guerra persiana sono abbastanza logiche: Serse I, Re dei Re di Persia e successore di Dario I il grande, voleva vendicarsi della sconfitta di Maratona, ma soprattutto, voleva il controllo più totale dell’Egeo, che gli avrebbe permesso di aumentare il numero di rotte commerciali dell’impero achemenide con le città di Cartagine3 e di Taranto4 (città tra l’altro filo spartana, visto che aveva visto arrivare un gran numero di Lacedemoni negli anni).
Per comprendere come, dati e fonti alla mano, la vittoria ellenica possa apparire oggi estremamente logica e coerente, bisogna prima di tutto esplorare i due eserciti.
Esercito Ellenico5
La Grecia non è mai stato un paese popoloso e di questo le astute polis greche ne erano ben consce, il territorio greco inoltre è impervio, montuoso e pieno di stretti passaggi.
Le città stato, in un perenne conflitto interno, erano sempre sul chi va là verso chiunque non fosse della loro fazione (anche se spesso e volentieri si creavano lotte intestine) e quasi ogni uomo greco, libero o no , sapeva combattere.
Come poi accadrà anche Roma, ogni soldato doveva comprare e mantenere il suo equipaggiamento da battaglia. Per questo spesso i cittadini più poveri, o gli schiavi avevano ruoli solamente di supporto o di fanteria leggera, in modo da dare tempo al vero nerbo dell’armata ellenica di poter combattere e di solito, portarsi la vittoria a casa.
L’elemento chiave degli eserciti greci era costituito dagli opliti: fanti pesanti, estremamente ben addestrati, che combattevano tramite la formazione di battaglia chiamata Falange. L’oplita avanzava sempre in formazione chiusa, una perfetta muraglia in movimento alla ricerca di uno scontro frontale.
L’oplita era l’opposto del modello omerico di combattente: se il poeta, infatti, aveva esaltato l’eroe che lottava in solitario vincendo oppure morendo (c’è anche da dire che Omero parla di un periodo ben più antico di quello che stiamo trattando), la falange era una struttura collettiva; il combattimento non è, quindi, un’esibizione individuale di eroismo, bensì un’evoluzione di tutto il gruppo. Non si richiede all’oplita di avere un’iniziativa personale, ma che si comporti con disciplina, che eviti la rottura della formazione, che si evolva collettivamente con una precisione millimetrica.
L’oplita era equipaggiato con veri e propri capolavori del genio militare greco: la panoplia era l ‘armatura completa, che proteggeva in maniera eccelsa da frecce e colpi (e qui possiamo vedere che gli opliti, in special modo elites come gli spartiati, non combattessero in mutande come ci è stato fatto vedere da Hollywood), un elmo di ottima fattura chiamato Kranos, schinieri in bronzo (i greci di solito combattevano o scalzi o con comodi sandali) e un efficace scudo chiamato oplon.
Come armamenti avevano una fantastica lancia lunga 2/3 metri chiamata Dory e una buona spada di ferro chiamata Xiphos.
La cavalleria non era considerata molto dalle polis, sia per i motivi sopra elencati (in special modo il territorio) sia perché i greci hanno sempre prediletto lo scontro corpo a corpo, di cui ne erano i maestri indiscussi.
Esercito persiano 6
L’armata che aveva conquistato quasi tutto il mondo allora conosciuto, era un vero e proprio capolavoro. Versatilissima, poteva impiegare quasi ogni tattica conosciuta: dalla guerriglia al combattimento di posizione, dal combattimento a distanza al corpo a corpo.
Vista la grande tolleranza culturale degli achemenidi, i popoli entrati a far parte del loro regno avevano mantenuto le proprie tradizioni belliche. I persiani erano feroci sostenitori delle guerre veloci, e cercavano sempre di vincere il prima possibile i conflitti (anche perché spesso erano attaccati su più fronti, sia esterni che interni) e se vogliamo cercare armate che ricalcano i loro mantra di combattimento, possiamo cercare tra le micidiali armate naziste della seconda guerra mondiale e le eccelse forze degli U.S.A7.
A differenza di come ci è stato insegnato (senza alcuna logica) dal cinema americano, l’armata achemenide era tutto fuorché un’orda barbarica e indisciplinata, ma bensì un meraviglioso esempio di multiculturalità che combattevano per un solo obiettivo, supportati da eccellenti elites.
I persiani erano abituati a combattere in grandi distese desertiche, dove la velocità e la potenza “di fuoco” era tutto.
Il mattone su cui le armate di Serse si basavano aveva un nome: Sparabara. Questi guerrieri disciplinati, provenienti da ogni ceto sociale, foraggiati, stipendiati ed equipaggiati dallo stato, erano i primi a confrontarsi col nemico, caricandoli velocemente e con forza, avvantaggiati dalla loro corazza di eccelsa fattura chiamata Linothorax, leggera e ben protettiva. In dotazione avevano anche uno scudo di vimini alto quasi quanto un persiano medio (doveva essere sul 1.50 m) che garantiva una formidabile protezione contro le distanze.
Il loro equipaggiamento offensivo era costituito da una lancia di un metro e mezzo e un’ascia chiamata Sagaris (anche se questa era più presente nel corpo dei Tarabara , ovvero gli Sparabara delle guarnigioni, addestrati per lo più a obiettivi di difesa).
Altro elemento importantissimo degli achemenidi era costituito dal corpo degli arcieri, sia a cavallo che non. I loro archi erano costruiti apposta per essere degli antichi fucili da cecchino, dovevano colpire da distanza e in quantità, difatti il motto degli arcieri era “oscureremo il cielo”.
“Oscureremo il cielo”
A differenza degli ellenici, il corpo degli arcieri era ben preparato ed addestrato, in special modo quello siriano. La cavalleria era un altro elemento in cui i persiani surclassavano le polis, avendo dalla loro un corpo di soldati a cavallo che avrebbe pure fatto impallidire il popolo tarantino.
Che fosse pesante o leggera, Serse aveva dalla sua una immensa forza di muscoli e velocità. Le elites dell’impero rappresentavano la punta di diamante di questo potentissimo esercito. Fra i migliori un nome spunta sopra a tutti: quello degli immortali. Nutriti col cibo più prelibato e dilettati con le donne e gli uomini più belli dell’impero, il corpo degli Anusiya (“Compagni” in persiano) era un corpo di prima classe che come addestramento e finezza di combattimento potevano competere con gli Homoioi (gli spartiati) di Sparta. Addestrati all’uso dell arco, della lancia corta e della daga.
Per finire, numerosi mercenari fenici e italici risposero alla chiamata del Re dei Re, in cambio di una lauta ricompensa, e le satrapie greche e la Macedonia, rendeva questo esercito un vero e proprio incubo per ogni avversario8.
Dopo tutte queste belle parole, la domanda sorge spontanea: se l’esercito persiano era così eccelso, perché ha subito sconfitte così gravose? Di seguito elencherò i principali fattori che portarono alla disfatta del sovrano achemenide.
Equipaggiamento
Benché eccellenti, le armature persiane non potevano nulla per fermare la dirompente forza delle lance elleniche, più solide e più lunghe. Gli enormi scudi degli sparabara si dimostrarono troppo fragili per le Dory e per le Xiphos maneggiate con grazia e potenza dalle forze greche.
Le frecce degli archi persiani, studiate per colpire da lontano, contro gli oplon mancavano di forza d’urto, e spesso e volentieri non oltrepassavano le panoplie degli opliti, rendendo questo micidiale corpo da combattimento spesso e volentieri inutile.
Neppure i superbi immortali potevano nulla, le loro lance erano troppo corte e i leggendari spartiati, uomini temprati dalle battaglie e dal sangue come le loro controparti achemenidi, avevano spesso gioco facile.
Conformazione territoriale
La Grecia è come la mia terra natia, la Liguria, lunga e stretta e piena di montagne, cosa può esserci di peggio per un esercito che basava tutto sulla mobilità e su tattiche da guerra lampo come quello persiano? I generali del Re dei Re capirono troppo tardi tutto questo.
Le termopili furono solo un esempio, che i persiani avrebbero dovuto comprendere
Carta, forbice, sasso, persiano morto
Serse I pensava di avere tutte le informazioni possibili sugli eserciti delle polis, ed era vero, ma anche i suoi nemici li avevano sul suo. I persiani attaccavano con la cavalleria? Nessun problema, un muro di falangi avrebbe fatto cambiare idea ai soldati equestri. Attaccavano con le frecce? Un buon riparo e un uso magistrale dell Oplon avrebbe permesso di subire poche perdite. Il nemico attaccava in quantità? Tattica del ritiro verso una zona ben più stretta (Re Leonida usò questa tattica diverse volte, ritirarsi per uno spartano era un disonore, ma non lo era quello di far cadere in trappola un nemico che giocava sporco). Corpo a corpo? I soldati di Ares non aspettavano altro.
I persiani dal canto loro, oltre ai mercenari e gli alleati macedoni , non avevano vere e proprie alternative, i popoli che avevano affrontato fino ad ora, non erano così ben corazzati.
Serse, che diavolo fai?
Serse I, figlio del grande Re Dario I, ha già nel significato del suo nome (colui che domina sugli eroi) la lettura esatta del carattere. A differenza del padre, ben più propenso alla politica interna e all’ aver visto la battaglia di Maratona come una noia che poteva tranquillamente evitarsi, Serse si dimostrò fin da subito aggressivo e ben poco tollerante. Represse nel sangue le ribellioni in Egitto e in Babilonia in neanche un anno e numerosi nobili imperiali lo giudicavano un insensato.
Dopo la disfatta navale di Salamina, Artemisia di Caria9, comandante di una piccola parte della flotta achemenide, suggerì a Serse di ritornare in patria. Secondo la regina di Caria, infatti, se Mardonio avesse vinto la guerra il merito sarebbe andato a Serse, mentre se avesse perso il Re dei Re sarebbe stato al sicuro a casa e la colpa della sconfitta sarebbe caduta sul generale.
Serse seguì il consiglio di Artemisia e tornò in Persia, lasciando il comando a Mardonio e portando via al valido generale una grossa parte dell’esercito, per scortare il rientro del sovrano. Mardonio verrà poi definitivamente sconfitto a Platea dalla coalizione greca guidata da Pausania (il secondo re di Sparta, che prese il controllo della polis dopo la tragica morte di Leonida alle termopili). Il re dei re morirà poi nel 465 a.C per mano del nobile Artabano, dimostrando quanto questo sovrano fosse ormai inviso dalla classe dirigente Achemenide.
Problemi, problemi everywhere
I primi tentativi di raggiunge la Grecia furono un fallimento totale per le forze di Serse. Ponti che crollavano, tempeste che affondavano navi, minarono il morale dei soldati persiani fin dalla Termopili, e di certo, trovarsi elites spartane supportate da una buona fanteria al primo e vero scontro, non aiutò a risollevare gli spiriti.
Efialte?
Si, questo è vero, il contadino Efialte fu un asso nella manica per la vittoria persiana, ma di certo, non fu l’elemento chiave: Leonida e i suoi alleati erano già distrutti e stanchi da tre giorni di continui attacchi persiani.
Se Serse si fosse giocato meglio le sue tante ed ottime carte, avrebbe potuto vincere?
Io credo di si, ma come dissi nel mio precedente articolo, il vero problema dei persiani era dovuto alla loro estensione. Il foraggiamento delle truppe era difficile, il far raggiungere rinforzi freschi pure e le satrapie più lontane non aspettavano altro.
Il sogno di Ciro, un impero vasto come il mondo e popolato da culture che potessero vivere in perfetta armonia tra di loro, stava andando in frantumi . Questa utopia, così romantica e umana e così distante dal mondo in cui viviamo, troverà la sua morte nel 331 a.C vicino alla città di Mosul, a quei tempi chiamata Gaugamela, per mano di uno dei più celebri e dotati strateghi che il mondo abbia mai avuto l onore di conoscere: il suo nome era Alessandro Magno.

BIBLIOGRAFIA
1) cercandolellade.wordpress.com/tag/plutarco
2) E’ giusto dire che il numero del contingente di guerra persiano durante la seconda guerra ellenica sia ancora adesso oggetto di discussione. Sta di fatto che, per cercare di essere il più imparziale possibile, ho usato solo fonti storiche il più possibile super partes. Erodoto, sebbene sia il padre della concezione stessa di Storia come la conosciamo noi, spesso e volentieri ha esagerato con le cifre. Per questo, cercherò di utilizzare i dati di Ctesia di Cnido, medico e storico del periodo. treccani.it/enciclopedia/ctesia-di-cnido_(Dizionario-di-Storia)/
3) spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/Fenici/Fenici-cartagine.html
4) pugliain.net/taranto-capitale-magna-grecia/
5) hierarchystructure.com/ancient-greek-military-hierarchy/
6) hierarchystructure.com/persian-military-hierarchy/
7) warfare.it/tattiche/blitzkrieg_sintesi.html per quanto riguarda le forze del Terzo Reich.
dodccrp.org/files/Ullman_Shock.pdf per quanto riguarda le tattiche statunitensi.
8) Per motivi di spazio e di tempo, non mi soffermerò a parlare anche delle flotte dei due schieramenti, se volete ne ne parli scrivetemelo nei commenti e farò altro articolo dedicato, oppure potete comodamente consultare questo articolo (in inglese). cais-soas.com/CAIS/Military/Persian_wars/persian_wars_persian_fleet.htm
9) Questo personaggio storico viene interpretato dalla bellissima attrice francese Eva Green in “300 : rise of an Empire”. In realtà il ruolo che le viene dato nel lavoro di Snyder è del tutto fuorviante dalla realtà, la regina della Caria, non era assolutamente il comandante supremo della flotta persiana, ma bensì un semplice ufficiale.