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Primo articolo a quattro mani fra me e Lorenzo Carbone, speriamo di farne altri in futuro. In questa prima parte riassumeremo i vari aspetti dei popoli e dei guerrieri che abbiamo scelto, le loro differenze e le loro affinità, mentre nella seconda parte, che verrà pubblicata da Lorenzo, ci saranno le pagelle dei vari ipotetici scontri che abbiamo ideato. Sottolineo il fatto che è un articolo goliardico, fatto con la massima serietà in quanto a ricerche storiche e con la consapevolezza che gli scenari sono estremamente schematizzati quando nella realtà di una battaglia o anche un duello i fattori sono molti di più (tra questi il fattore umano); quindi godetevelo, prendete seriamente le notizie storiche, ma soprattutto divertitevi.
L’IMMORTALE ACHEMENIDE
BREVE STORIA
L’ Impero Achemenide ( dal persiano Haxāmanišiya : Saggio, sapiente)[1], venne fondato da Ciro II detto il Grande nel 540 a. C. e finì nel 331 a. C. con Dario III il Codomano. Fu il primo vero e proprio “Melting Pot” dell’antichità, con oltre cinquanta differenti etnie presenti nei suoi enormi confini, che si estendevano dall’India alla Tracia[2] e all’Egitto. Fu uno dei governi più tolleranti e di mentalità aperta del suo tempo. Fortemente espansionista, l’impero persiano combatté feroci guerre contro tutte le popolazioni limitrofe. I suoi Re erano fermamente convinti che era loro compito essere il faro della cultura e dell’ordine in tutto il mondo conosciuto. Celebri furono le guerre egizio-persiane e quelle greco-persiane3, in cui per la prima volta la macchina bellica persiana, finora considerata invincibile , venne fermata e battuta.
I PRO E I CONTRO DELLA ARMATA ACHEMENIDE
PRO
- Una buona e numerosa fanteria corpo a corpo
- Grande varietà di armi a corto e a lungo raggio
- Esercito molto veloce, abilissimo nelle azioni di guerra lampo
- Molto versatile, grazie al fattore multiculturale
- La miglior cavalleria leggera e pesante del mondo conosciuto
CONTRO
- La catena di comando non era delle migliori
- Fanteria ben armata, ma ben poco corazzata
- Era un esercito molto ideologizzato, spesso la caduta del comandante indicava la rovina dell’armata persiana… i soldati erano addestrati ad ubbidire, ma non a decidere
GLI IMMORTALI
Se il corpo di armata standard (BARA)[4] erano il martello del Re dei Re, il reggimento degli Immortali (Jāwīdān in persiano) erano la lancia del Dio Re.
Soldati perfettamente addestrati, passavano tutta la loro vita a perfezionare le capacità belliche, le capacità di comando (spesso erano ufficiali di alto rango) e le loro arti nel sotterfugio e dell’intrigo (spesso gli immortali partecipavano ai giochi di potere che avvenivano nella capitale dell’impero, Persepoli)
Alimentati col miglior cibo, trastullati dalle donne e dagli uomini più belli, scelti tra i figli della nobiltà che risultavano essere più intelligenti e fisicamente prestanti , il corpo degli immortali era la guardia di élite del Dio Re. Il loro nome era derivato da una leggenda greca. Il numero degli appartenenti al corpo non scendeva mai sotto le diecimila unità, e se uno di loro cadeva veniva sostituito immediatamente, ciò fece credere ai greci che questi soldati eccezionali sapessero tornare in vita. L’uniforme del reggimento consisteva in una tiara (copricapo di origine persiana) o un copricapo di feltro soffice, una tunica ricamata a maniche lunghe, pantaloni e una cotta di metallo, la migliore di tutto l’impero e uno scudo di pelle e di vimini . Gli immortali fino ai venticinque anni studiavano quattro dottrine in particolari
- Spada (acinace): l’acinace era lunga, tra i 36–46 cm, con i due bordi affilati, un pomolo diviso, e una guardia cruciforme a forma di B o anche rettangolare o arrotondata, che, sebbene profonda, non si protendeva molto dalla lama. Poiché l’acinace sembrava essere un’arma da stoccata, e siccome era indossata generalmente sulla destra, l’inclinazione in avanti doveva servire probabilmente a permetterne la rapida estrazione, in una posizione molto favorevole per portare assalti a sorpresa, trovandosi infatti impugnata con la lama inclinata verso il basso e in avanti.
- Lancia Persiana: lunga di solito sul 1.30 metri
- Arco composito: forse la loro arma più devastante, era ricurvo e simmetrico, realizzato in corno di ibex, legno e tendine di gazzella o daino. Questo tipo di arma veniva sottoposto a pressioni notevoli. Gli esperti sostengono che, privo di corda, l’arco persiano si sarebbe ripiegato su sé stesso fino a far incrociare le “braccia”. Era in grado di colpire un nemico a 500 metri di distanza, e spesso non perdonava le armature più sottili. L’arco composito persiano aveva una tecnica di caricamento della freccia molto veloce
- Cavallo: I persiani erano maestri nell’arte di andare a cavallo. Il corpo dei catafratti era giustamente temuto da tutti. Erano una cavalleria estremamente pesante e corazzata, composta da cavalli che erano stati allevati apposta per quello. Scelti tra i più coraggiosi e quelli più resistenti al dolore, queste bestie erano in grado di portare il terrore tra le truppe nemiche
Lo stile di combattimento degli immortali poteva essere una aggraziata danza della morte con la spada (come tutti i soldati iranici, la velocità era favorita alla forza brutta) oppure una pioggia di proiettili scoccati dall’arco composito (pratica che facevano anche mentre camminavano o correvano) per poi passare ad un feroce corpo a corpo. Coloro che potevano, spesso raggiungevano a grande velocità il nemico usando il proprio cavallo, usando l’animale come un vero e proprio ariete di carne e metallo.
Il corpo degli immortali durò in Persia (ora chiamatasi Iran) fino al 1979, anno della rivoluzione Khomeinista, che impose su tutto il paese una dittatura teocratica.[5]
NOTE
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- Secondo lo storico di Alicarnasso, Erodoto, gli Achemenidi (“discendenti di Achaemenes“) furono così chiamati da questo personaggio, Haxāmaniš/Achaemenes, del quale non si conosce nulla. Sembra esserci una concordanza tra la tradizione iranica e quella greca di Erodoto; quest’ultimo descrive il fondatore leggendario della dinastia come figlio di Perseo cresciuto da un’aquila. Gli Achemenidi erano un clan appartenente alla tribù dei Pasargadae, la più audace delle dieci tribù persiane. Parte di quella famiglia si era probabilmente stabilita presso l’area circostante il sito della città di Pasargadae, (Persepoli).
- http://www.treccani.it/enciclopedia/tracia_(Enciclopedia-Italiana)/
- http://www.mentedigitale.org/tag/armata-achemenide/ http://www.mentedigitale.org/le-flotte-achemenidi-e-greche/ qui potete trovare due miei articoli legati a questa grande guerra
- http://www.legendsandchronicles.com/ancient-warriors/persian-warriors/
- https://geo.tesionline.it/geo/article.jsp?id=13782
IL GUERRIERO NOBILE CELTA
BREVE STORIA
I Celti (dal greco “keltoi” di significato incerto) o Galli (termine di origine incerta grecizzato in “galatai” (sempre di significato incerto)[1], sono il risultato del transito dalla cultura di Hallstatt (proto-celtica; XII-V sec. a. C.) a quella di La Tène (celtica propriamente detta; V-I sec. a. C.). Originari dell’Europa centrale fra Austria, Svizzera e Germania con la cultura di Hallstatt, si sono poi espansi in buona parte d’Europa fra il VII e il III sec. a. C.; nel periodo di massima estensione, nel III sec. a. C., le varie tribù occupavano un territorio che andava dal nord della Spagna ad ovest alla Turchia ad est, dalle isole Britanniche al nord, alle Marche al sud, arrivando a combattere come mercenari fino in Puglia, Sicilia , Egitto e Medio Oriente o saccheggiando come razziatori la città di Delfi in Grecia. Famosi per il primo sacco di Roma del 390 a. C. e per le guerre galliche di Cesare 58-51 a. C.[2]. Considerati i mutamenti dell’armamento lateniano durante la sua storia prenderò gli armamenti del III sec. a. C. circa.
I PRO E I CONTRO DELLE ARMATE GALLICHE
PRO
- Popolo guerriero altamente addestrato al combattimento 1v1
- Armate numerose e veloci negli spostamenti
- Armi e armature di ottima fattura grazie alle eccellenti capacità metallurgiche dei fabbri celti
- Fanteria pesante fra le migliori dell’antichità e fanteria leggera con cariche estremamente potenti
- Miglior cavalleria dell’Europa antica
- Furor gallico, la loro impetuosità divenuta è leggendaria
CONTRO
- Estremamente inclini a combattersi a vicenda
- Tattica di battaglia di caricare per rompere la formazione nemica, ma se falliva i guerrieri erano stremati
- Spesso andavano in battaglia senza armatura per dimostrare di non avere paura della morte
- Grande gap di equipaggiamento fra nobili e contadini
IL GUERRIERO NOBILE
Il nobile celta possedeva terreni, schiavi e clienti che lavoravano per lui e lo sostenevano in battaglia; con una panoplia estremamente pesante guidavano i propri guerrieri in battaglia a piedi, a cavallo o sul carro da guerra. Erano addestrati fin da bambini all’arte del duello, al combattimento con la spada, con la lancia e con lo scudo, al combattimento a cavallo, probabilmente al tiro con l’arco e sicuramente al lancio del giavellotto. Erano l’élite del loro popolo e aiutavano il re a guidarlo sia in politica che in guerra; molti lavoravano anche come capi mercenari per altri popoli o tribù e rappresentano alcuni dei guerrieri più feroci della storia dell’umanità. Il loro equipaggiamento tipo era formato da:
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Spada lateniana: (diciamo una spada da fanteria della fine del IV sec. a. C.): fatta di ferro acciaiato estremamente resistente, con la lama lunga sui 60 cm, a doppio taglio con impugnatura antropomorfa che forma una guardia a V, veniva tenuta sul fianco destro ed estratta molto rapidamente.
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Lancia: le lance potevano varia in forma della punta e dimensione, in generale possiamo considerare una lancia da caccia lunga dal 1.80 m fino oltre ai 2 m. Ci sono anche testimonianze di lance lunghe quasi come picche, ma erano usate solo in formazione.
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Giavellotto: il giavellotto poteva essere un gaesum, asta di ferro lunga dal 1.50 m ai 2 m, od un saunion, manico in legno e punta in ferro tipo quella del gaesum e lunga anche 40-50 cm. Veniva scagliato in carica a pochi metri dal nemico ed era in grado di trapassare gli scudi più resistenti e la persona dietro lo scudo, qualsiasi tipo di armatura antica è inutile contro di esso. In pratica gli antenati del pilum.
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Daga o coltellaccio: le daghe celtiche erano molto comuni nel V sec. a. C., ma potevano essere presenti anche nel IV e nel III, arma da stocco in ferro e con un uso molto simile a quello del gladio.
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Scudo: gli scudi erano lunghi circa 1.20 m e larghi 60 cm, a forma ovale od esagonale; in legno con spina o noce centrale, rinforzata con un umbone di ferro, bordati in ferro e con maniglia centrale che permetteva la massima mobilità dello scudo, che era una vera e propria arma capace di frantumare il cranio del nemico.
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Armatura: l’armatura più completa possibile era formata da elmo in ferro (Montefortino o Gallo-italico, se parliamo di nobili di tribù risiedenti in Italia), linothorax come subarmalis, che proteggeva dagli urti, dai proiettili e dai colpi di punta, cotta di maglia in ferro (fra le varie ritrovate prendo la migliore: ovvero la rivettata), capace di negare qualsiasi attacco di taglio e capace di reggere i colpi di punta, e infine protezioni di cuoio e/o di bronzo/ferro su avambracci e stinchi.
Lo stile di combattimento della fanteria prevedeva la carica contro il nemico ed il lancio di gaesum a pochi metri, nell’uso della lancia e, in seguito, della spada, che era capace di colpi devastanti e veloci con molta gittata grazie alla lunghezza della lama, mentre lo scudo veniva usato sia per protezione che come arma tirando colpi di taglio al nemico che si trovava sbilanciato se bloccava il colpo o ferito gravemente o morto se non lo bloccava. I cavalieri pesanti caricavano il nemico e combattevano con spade più lunghe di quelle di fanteria (nel I sec. a. C. le spade da cavalleria arrivavano al metro di lama); mentre il carro da guerra aveva molteplici usi e poteva essere usato per caricare frontalmente il nemico.[3]
NOTE
- Vengono chiamato “keltai” da Erodoto nel suo Storie, libro 2, capitolo 33, paragrafo 3, ma il significato stesso della parola è dibattuto fra vari storici, stessa cosa per il termine “galatai”; entrambe potrebbero essere parole indo-europee grecizzate o parole greche: nel secondo caso “keltai” significherebbe “quelli alti”, mentre “galatai” “quelli forti”. Per la storiografia antica sui Celti guardare soprattutto: Polibio, Tito Livio, Cesare, Diodoro Siculo e Dionigi di Alicarnasso.
- http://www.mentedigitale.org/la-panoplia-dei-celti/ e http://www.mentedigitale.org/le-armi-degli-antichi-celti/.
- Per approfondimenti: G. Canestrelli, I Celti e l’arte della guerra. Dal V al I sec. a. C., Rimini 2010; A. Rapin, L’armamento, in I Celti, Milano 1991.